muffins arancia e uvette

Muffins arancia e uvette

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Ingredienti per 12 muffins

300 g di farina tipo 2

1 bustina di lievito chimico per dolci

90 g di zucchero di canna oppure 100g di malto d’orzo

1 cucchiaino di cannella

50 g di nocciole tritate al coltello

100 g di uvette tritate al coltello

1 pizzico di sale

Scorza di 1 arancia

200 ml di succo d’arancia

125 g di yogurt di soya

25 gocce di vaniglia

90 g di olio di mais

Procedimento

Da quando sono felicemente mamma – e, confusamente, nuovamente studentessa universitaria – di tempo per pubblicare non se ne trova. Anche cucinare adesso è diventata una corsa contro il tempo. Stefano ha appena compiuto un anno, sta in piedi, cammina e mi aiuta in cucina, o ci prova, grazie alla learning tower montessori costruita dal papà. Ma la frase d’ordine resta “Fai presto!” per cui, come ho già scritto altrove, le mie ricette – e i miei post – sono e saranno tutte facili e veloci, ancora per qualche anno. Per fortuna si riesce a preparare qualcosa di buono anche in poco tempo, non sempre, ma è possibile. E’ il caso di questi ottimi muffins, tempo di preparazione: meno di un’ora, cottura compresa.

learning tower

Ecco Stefano sulla sua tower ❤ Ma veniamo a noi. I dessert piatti mi intristiscono, amo sentire in bocca un concerto, un bouquet di sapori che si dischiudono simultaneamente sul palato, esaltandosi a vicenda. Ecco perché questi muffins sono i miei preferiti: una piccola sinfonia al profumo d’arancia. Non troverete la ricetta del frosting perchè il risultato non mi convince ancora del tutto, ci sto lavorando. Per il momento provateli al naturale, perchè sono buoni così come sono, o usando un frosting che conoscete e pensate si possa sposare. Ed ecco il procedimento: accendete il forno a 180°. In una planetaria mischiate tutti gli ingredienti secchi: farina, lievito, zucchero, cannella, nocciole, uvette, sale e scorza d’arancia. Versate nel bicchiere del frullatore la spremuta e lo yogurt, con l’olio e la vaniglia. Emulsionate il composto col frullatore e versate il liquido ottenuto nella planetaria coi secchi. Mescolate con un frullino per amalgamare bene e versate nei pirottini da muffin. Infornate per 20 minuti circa.

Carpaccio di cavolfiore al pesto di radicchio

Immaginate che la pasta non esista. Nessuno l’ha inventata, in nessun paese. Un mondo senza pasta. Niente spaghetti, fusilli, farfalle, pappardelle, rigatoni, orecchiette, paccheri e calamarate. Una tristezza, vero? Forse no. Per me no. Le limitazioni aguzzano l’ingegno. Siccome mi sono detta che tutto sommato a me quello che piace della pasta è il condimento, e siccome, diciamola tutta, la pasta mi fa diventare bella tornita tipo pesce palla, mi sono messa a inventare cose da condire coi condimenti che un tempo abbinavo alla pasta.

Mi è venuto in aiuto il crudismo, coi suoi spaghetti di zucchine crude…ma a mangiare spaghetti ogni giorno ci si stufa in fretta e la zucchina, come si dice dalle mie parti “cunsala comu vo, sempri cucuzza è!”. Dunque perchè limitarsi agli spaghetti e soprattutto alla sola zucchina? Ecco a voi le mie “paste di verdura cruda” che spero vi sorprenderanno quanto sorprendono me e il mio assaggiatore di fiducia.

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Ingredienti per 4 persone

La “pasta”
1 cavolfiore verde o bianco
succo di 1/2 di limone
pepe
2 cucchiai di shoyu
2 cucchiai di aceto balsamico
olio evo qb

pesto di radicchio
1 radicchio di chioggia
100 g di anacardi
5 noci brasiliane (in alternativa noci nostrane)
2 cucchiai di fiocchi di lievito alimentare
2 C di shoyu
1/4 bicchiere d’olio di girasole
olio evo qb
1/2 limone
1 cucchiaio di aceto balsamico

salsa di tahina
4 cucchiai di tahina
1/2 limone o più
1/4 di bicchiere d’acqua circa

Procedimento
Lavate il cavolfiore e tagliate le cimette coi gambi, otterrette tanti piccoli alberelli mignon, da affettare per ottenere un carpaccio che userete rigorosamente crudo. Questa è la nostra pasta. Versatela in una terrina, condite con il succo di limone, la shoyu, l’aceto balsamico, l’olio evo, il pepe e massaggiate con le mani voluttuosamente – passaggio importante!
Preparate il pesto di radicchio frullando tutti gli ingredienti. L’olio evo aggiungetelo in ultimo, per aggiustare di consistenza e di sapore. Mettete da parte.
Preparate la salsa di tahina versando in una ciotola la tahina, il succo di limone e mescolando finchè non cambia di consistenza e colore. Ora potete aggiungere l’acqua, poco a poco, fino ad ottenere una consistenza densa e cremosa.
Versate a cucchiaiate il pesto nella terrina, sul carpaccio di cavolo marinato. Versatene in abbandondanza. Io lo uso tutto! Massaggiate pesto e carpaccio con vivo divertimento, sporcandovi le mani di un delizioso colore violetto. A questo punto versate il carpaccio di cavolo così condito in un piatto da portata e irrorate con cucchiaiate di salsa di tahina. Servite subito. Assaggiate e morite di piacere nel fuoco d’artificio di sapori che le verdure crude – ben condite – sono capaci di offrire. Ancora una foto.

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La quinoa in rosa

Ecco una nuova ricetta a prova di mamma con neonato a seguito. Ho preparato quest’insalata per cena ed è stata un piatto unico soddisfacente. Di lei mi piace la ricchezza di sapori e colori. La quinoa in particolare assume un bel colore rosa grazie alla barbabietola. Detesto le grigie insalate di iceberg che servono spesso come contorno quando si mangia fuori. W le insalate fantasiose, saporite e sorprendenti! Questa è anche facile, veloce e con tanta buona verdura cruda.

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Ingredienti

3 tazze da caffè di quinoa (circa 200g)

2 carciofi

1/2 barbabietola cruda

1 fetta di pane integrale

1 avocado maturo

1 cipollotto

10 olive taggiasche

2 cucchiaini  di coriandolo

1 limone

1/2 lime

1 pizzico di sale

2 cucchiai di shoyu

olio evo a piacere

Procedimento

Iniziamo dalla quinoa. Cuocerla in acqua salata pari al doppio del suo volume, in questo caso ne occorrono 6 tazzine. Mentre cuoce preparate gli altri ingredienti. Mondate il carciofo, tagliate il cuore prima in quattro spicchi che taglierete ulteriormente a fettine con un buon coltello – io uso il solito amato santoku. Irrorate le fettine con succo di limone. Col robot tritate la barbabietola, schiacciate l avocado con una forchetta e conditelo come se voleste fare una guacamole, con mezzo lime, il coriandolo, il sale e un pò di cipollotto. Versate in una insalatiera capiente tutti gli ingredienti. Aggiungete il resto del cipollotto e le olive a fettine. Finalmente la quinoa è pronta. Raffreddatela sotto un getto d’acqua fredda e unitela alle verdure. Sbriciolate con le mani la fetta di pane – io ho usato una fresella integrale reidratata con acqua – nell’insalatiera. Condite con olio evo, shoyu e limone. Mescolate e servite, se volete, su un letto di lattuga croccante, come in foto.

Miglio alla malvasia, radicchio e noci

Ecco una ricetta che ho voglia di proporvi da mesi. Nel mio piccolo sono fiera di questo tortino perchè è una ricetta tutta mia, che oltre ad avere un bel colore…è anche proprio buono! Il dolce e l’amaro di malvasia e radicchio si sposano bene, poi le noci funzionano col radicchio, si sa e le arance danno un tocco lievemente acido, come frizzante, che a noi piace proprio.

E’ anche una ricetta facile e veloce, come lo saranno tutte quelle che vi proporrò, da adesso in poi.

DSC_0926Ingredienti

3 tazzine da caffè di miglio (circa 200 g)

1 radicchio di chioggia piccolo

1 porro

succo di 2 arance navel

scorza di 1 arancia

1/2 bicchiere di malvasia

15 noci

2 C di shoyu (salsa di soya)

olio evo

sale

pepe

Procedimento

Mettete il miglio in un pentolino con 6 tazzine d’acqua salata, chiudete con un coperchio e lasciate cuocere. Ci metterà un ventina di minuti, proprio il tempo che vi serve per preparare il condimento.

Su un tagliere e con un buon coltello – io uso il santoku – affettate a rondelle il porro e a listarelle il radicchio. Non mettete via coltello e tagliere, vi serviranno ancora. Versate le verdure in una padella ampia e aggiungete la scorza e il succo d’arancia. Chiudete la padella con un coperchio e lasciate stufare. Sgusciate e tritate le noci al coltello, sul tagliere.

Quando è pronto, il miglio è già asciutto, non è necessario scolare. Versatelo in padella con le verdure appassite e aggiungete 1/2 bicchiere di malvasia, mescolate bene e con l’aiuto dei ribbi di una forchetta sgretolate gli eventuali grumi di miglio.

Lasciate evaporare l’eventuale liquido in eccesso e spegnete il fuoco. A fuoco spento aggiungete shoyu – ma anche soltanto sale, se non ne avete – il pepe e le noci, di cui lascerete da parte una manciate per decorare e l’olio. Mescolate.

Con l’aiuto di un coppapasta formate un tortino che potete decorare con le noci lasciate da parte. Servite tiepido.

Farinata di ceci

Ricomincio dall’inizio. Manco da molti mesi, l’ultimo post è datato aprile 2013, quando l’ho scoperto con grandissima emozione e sorpresa. Da allora un cambiamento  grande, un compiersi, un venire a galla lento, un farsi belli, un’attesa lunga, preziosa e magica.

E adesso S. è qui. Dire dei primi tre mesi passati insieme così su due piedi, come si fa? Non ci provo neanche. Invece mi auguro che poco a poco tutto si sveli con naturalezza attraverso i miei post se, come spero, ora riuscirò di nuovo a postare con una certa regolarità, per un pò, finchè non ricomincia il lavoro.

Dunque riparto da zero, da una ricetta che non è ricetta, perchè non inventa niente di nuovo, ma ho deciso di condividere dei trucchi, perché chi ci ha provato sa che non è facile fare una farinata coi fiocchi. Prepararla mi fa venire in mente una citazione di Samuel Beckett a proposito del trial and error a cui andiamo incontro vivendo. Dice così “Try. Fail. Try again. Fail again. Try again. Fail better.”

La farinata come la vita. Per prepararla bisogna affinare le strategie, fallire sempre meglio. C ‘è bisogno di curare i dettagli, rispettando piccoli accorgimenti importanti. La mia è passata da troppo sottile – quindi troppo cotta, biscottata – a troppo alta, dunque gommosa e come cruda dentro, troppo unta o attaccata al fondo, insomma un disastro. Non fatela subito per un ospite. Tenete in conto una manciata di esperimenti falliti. Magari siete fortunati e la terza è già perfetta, perfino la prima se siete nati con la camicia. Poi è fatta, come andare in bicicletta! Una volta imparati i trucchi lei è sempre una bellezza: rotonda, dorata, morbida, saporita. Ne vale proprio la pena.

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Ingredienti:

– 250 g di farina di ceci

– 750 ml d’acqua

– sale qb

– pepe

– olio evo qb

Procedimento

La prima cosa importante è la teglia. La perfezione è il testo di rame che, essendo un buon conduttore di calore, mantiene la cottura uniforme al centro come sui bordi. Il testo costa circa 50 euro, e bisogna andarlo a prendere direttamente a Genova o comprarlo su internet. Se non potete o non volete, bene, potete ancora fare un’ottima farinata.

In un qualsiasi negozio di prodotti per la casa potete acquistare per circa dieci euro una teglia rotonda antiaderente di diametro 38 cm e il bordo alto due cm e mezzo.

Seconda cosa importante: trattate la farina di ceci come un qualunque legume secco. Troverete su internet ricette che dicono che la farina di ceci va ammollata 4 ore. La mia esperienza dice falso, ne servono 8, come per gli altri legumi. Dunque pianificate. La sera prima di prepararla, versate 250 g di farina di ceci in una ciotola capiente. Aggiungete un terzo dell’acqua totale e mescolate con un frustino per incorporare acqua e farina. Procedete allo stesso modo con la seconda e infine con la terza parte d’acqua, stando attenti a non lasciare grumi. Salare il composto.

Se usate una teglia delle dimensioni che vi ho consigliato non aumentate o diminuite le dosi di acqua e farina, perchè a quel punto rischiate appunto una farinata gommosa o biscottata. Se la teglia è più grande o più piccola allora bisogna che sperimentiate finchè non troverete le dosi adatte.

L’indomani, un’ora e mezza prima del pranzo o della cena, accendete il forno e portatelo a 200°. Quando ha raggiunto la temperatura – e non prima, la temperatura alta è importantissima! – cospargete d’olio evo il fondo fino a coprirlo tutto uniformemente. L’olio è un altro aspetto importante. Se ne mettete meno, rischiate di trovare la farinata attaccata sul fondo, se esagerate sarà unta. Coprire il fondo uniformemente dunque, di più no, di meno neanche. Mescolate bene il composto e versate nella teglia lasciando che incorpori l olio del fondo naturalmente, non mescolate. Infornate e puntate il cronometro. Tra 40 minuti sarà cotta: dorata, bellissima ma…non è ancora finita. Spegnete il forno e apritelo, ma senza esagerare senza spalancare. Lasciate che la farinata resti a raffreddare in forno venti minuti, per potersi asciugare.

Quando la tirerete fuori dal forno sarà ancora tiepida ma già compatta. Salate e pepate la superficie a piacere. Servitela con una buona insalata. Ce l’avete fatta, finalmente l’oro di genova è vostro.

Una vera cheesecake

Manco dal blog da parecchie settimane. La ragione è che c’è una grossa novità. E’ prematuro condividerla, ma ha già cambiato la mia quotidianità, fin nei dettagli…rendendomi meno facile pubblicare, per l’appunto. Ma  non è affatto una brutta cosa, spero di poterne parlare presto. Intanto vi propongo, finalmente, la ricetta di una vera cheesecake. Vera perchè, al contrario di quella salata, pubblicata nell’ultimo post, questa è un dessert per davvero. La foto non è granchè ma, giuro, era buona, tant’è che prima che riuscissimo a fotografarla, si era salvata solo quella fetta! Un’ultima cosa, per la base ho preferito non usare il forno, ne ho fatto una versione raw.
cheesecake
Facile. Pronta in mezz’ora

Ingredienti:

Per la crema:
200 g di vegrino
200 g di anacardi
15 gocce di estratto di vaniglia
1 lattina di panna di cocco

Per la base:
200 g di mandorle
150 g di fiocchi d’avena
5 datteri denocciolati
scorza di 1 arancia
succo di 1/2 arancia

Topping:
4 cucchiaiate di marmellata di frutti rossi
fragole fresche qb

Procedimento:
Prima di tutto preparate il vegrino – una sorta di formaggio quark (tipo philadelphia) – mettendo a scolare 1/2 kilo di yogurt di soya al naturale in una formina da ricotta, per almeno una notte. Anche la panna di cocco va preparata prima. Mettete in frigo una lattina di latte  di cocco. L’indomani capovolgetela, apritela e fate colare in un bicchiere tutta l’acqua. Usate per la cheesecake solo la parte più densa, la panna, appunto, visto che si può anche montare, si può chiamarla così. La cheesecake va quindi pianificata con almeno un giorno di anticipo. Iniziate con la base, cominciando a frullare le sole mandorle, lasciandole di una consistenza a metà tra quella di farina e granella. Sistemate il composto ottenuto sulla base di una tortiera a cerniera, avendo cura di premere, in modo da compattare bene. Mettete la base a riposare in frigo. Passate alla crema. Procedete a frullare gli anacardi, riducendoli in farina. Aggiungete gli altri ingredienti della crema e frullate ancora, fino ad ottenere un’impasto omogeneo e abbastanza compatto. Riprendete la base e con un cucchiaio sistemate la crema sulla base, livellando infine con una spatola da cucina. Versate sulla crema la marmellata e livellate anche il topping con una spatola. Decorate con qualche fragola tagliata come più vi piace. Lasciate riposare in frigo per un’oretta o due, se ci riuscite, prima di servire.

Ma non è una cheesecake.

Oggi è il primo giorno di vacanze pasquali per me. Ho la testa leggera dei giorni in cui non devo lavorare. Non lavorare uguale non dover entrare in un ruolo che spesso non mi soddisfa veramente, poter dormire a sufficienza, senza alzarmi alle sei. E poi non avere a che fare con persone che non sceglierei mai, né tribolarmi l’anima per le vite tormentate di troppi tra i ragazzi a cui insegno. Davvero troppi. Oggi è pace. E nella pace fiorisce la voglia di fare creativamente. E così l’addizione tra l’invidia per la cheesecake bellissima della cara, bravissima, Sugarless + un’idea avuta qualche settimana fa + un’avventura…piccantissima! al thailandese di fiducia + la curiosità di provare  per la prima volta il riso latte + la voglia di riassaggiare un accostamento azzardato e felice, scoperto per caso = cheesecake salata, colorata ed esotica…perfetta. Era una settimana che non toccavo i fornelli e avevo bisogno di questo exploit quanto a fine inverno c’è bisogno dell’arrivo della primavera. Santa Pasqua per davvero.
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Difficoltà: media. Per 3 o 4 persone. Pronto in 40 min. circa.

Ingredienti:
150 g di quinoa rossa
20 o 30 g di burro di cacao
sale marino integrale qb
150 g di riso basmati integrale (2 tazzine da caffè)
4 tazzine da caffè di latte di soya al naturale
1 tazzina da caffè di latte di cocco
1 cucchiaino abbondante di curcuma
2 tazzine da caffè di farina di mais
2 o 3 cucchiai di olio evo
2 cucchiai di lievito alimentare in fiocchi
10 foglie di menta
70 g di anacardi
1/4 di spicchio d’aglio

Procedimento:
Risciacquate la quinoa sotto l’acqua per eliminare le saponine e cuocetela a fuoco lento in 350 ml di acqua. Salate e poi coprite con un coperchio. In un altro pentolino versate il riso basamti con il latte di soya e di cocco, la curcuma e una presa di sale. In un padella tostate la farina di mais condita con l’olio e il lievito in fiocchi. Spegnete il fuoco quando la farina si sarà imbrunita. Se la quinoa ha assorbito tutta l’acqua di cottura è già cotta e potete spegnere il fuoco e grattuggiare, nel pentolino stesso, il burro di cacao sulla quinoa. Richiudete con il coperchio. Il calore lo scioglierà. Riaprite, mischiate e otterrette dei grani di quinoa lucidi e ben separati. Lasciate raffreddare un attimo. Anche il riso sarà cotto una volta assorbiti i liquidi. Spegnete il fuoco e lasciatelo intiepidire. Versate la quinoa in un coppa pasta schiacciando bene con un cucchiaio per dare una base solida alla cheesecake. L’altezza della base dovrà essere pari a circa un terzo del coppapasta. Riempite gli altri due terzi con il riso. Preparate la salsa. Frullate gli anacardi con le foglie di menta, l’aglio e acqua quanto basta ad ottenere una salsa da far colare sulla cheesecake. Completate facendo cadere a pioggia sulla sommità uno strato di farina di mais, alto almeno 1 cm. Togliete il coppapasta e servitela ancora tiepida.

Note: la maggior parte degli ingredienti che ho scelto: la quinoa, il cacao, il latte di cocco, il mais, gli anacardi sono originari del nuovo continente. Ho pensato che, essendo nati nella stessa terra, c’erano buone probabilità che stessero bene insieme. Nella foto non vedete la colata di salsa alla menta perché è stata un aggiunta posteriore, che ha dato al piatto un ulteriore slancio. Infine, la cheesecake è un omaggio ai sogni, specialmente quelli lucidi, che mi vengono a trovare spesso, e agli altri sogni, quelli ad occhi aperti, di viaggiare presto proprio in America Latina.

Tortillas con cruditè

Circa una settimana fa ho trovato questo blog Tales of a kitchen ed è stato amore a prima vista. Lì ho trovato ricette non laboriose che però garantiscono un risultato appetitoso, con un tocco esotico e una bella presentazione. Un manifesto di cucina su misura per me. Domenica scorsa ho avuto a cena la famiglia del mio compagno e come antipasto ho improvvisato il piatto che adesso vi presento e per il quale mi sono ispirata ad un paio di ricette che trovate nel blog di cui sopra. Successone, anche con il cognatino sedicenne ipercritico. Il plating non è granché, ma gli invitati avevano fame.
tortillas di riso
Facile. Per 6 persone. Pronto in 20 minuti.

Ingredienti:
150 g di hummus di ceci
3 carote medie
1 foglio di alga nori per sushi
6 tortillas di riso
1 mazzetto di prezzemolo fresco
10 noci
1/4 di cavolo capuccio piccolo
1/2 mela
1 avocado
succo di 1/2 limone o più (oppure 1 lime)
2 cipollotti
1 cm di zenzero fresco grattuggiato
shoyu a piacere

Procedimento:
Lavate le verdure e preparate una ciotola con acqua a temperatura ambiente. Tritate le noci fino ad ottenere una granella. Tagliate a julienne il cavolo cappuccio, l’alga nori, il cipollotto, le carote, l’avocado e per ultimo la mela. Irrorate di succo di limone per prevenire l’ossidazione, mischiate e dividete le verdure così tagliate in sei parti. Ora immergete la tortilla in acqua per due secondi. Sarà ancora rigida quando la tirerete fuori, ma si ammorbidirà in pochi secondi. Poggiatela su una superficie piatta, un tagliere o un piatto ampio. Farcite con la cruditè, tre o quattro cucchiaini di hummus, la granella di noci, una grattugiata di zenzero e richiudete arrotolando la tortilla, come se fosse un cannellone, ma cercando di far aderire e richiudere anche le due estremità. Con un coltello affilato tagliate in due per ottenere i coni, servite con granella di noci e un filo di shoyu. Ripetete l’operazione con le altre cinque.

Allume mon amour

Oggi presento un prodotto naturale che da qualche mese è entrato nella mia quotidianità per supplire ad un altro, ottenuto in laboratorio, che ho deciso di smettere di utilizzare. Il mio deodorante è stato per anni Lycia Persona e onestamente non ho smesso di utilizzarlo perché lo ritengo poco efficace, anzi: anche se è un prodotto da supermercato, nel mio caso manteneva la promessa di lasciarmi un giorno intero senza cattivo odore.
Quello che mi ha fatto cercare un sostituto è stato anche questa volta l’esigenza di fare
 una scelta il più possibile sostenibile, usando prodotti meno inquinanti, più facili per l’ambiente da riassorbire e, dunque, più naturali.
allume di rocca
E così ho comprato il mio primo allume di rocca, una pietra con un naturale potere deodorante: è sufficiente sfregarla delicatamente sulla pelle, come si fa con un deodorante roll-on, perché l’allume riesca a restringere i pori e dare così il naturale effetto deodorante. Come ho spiegato, se ho cambiato prodotto, non è stato per la ricerca di una maggiore efficacia, eppure…sono davvero sorpresa e soddisfatta! L’allume non ha niente da invidiare al lycia, anzi: ha una durata persino più lunga, arrivando a deodorare per un giorno e mezzo o, nel mio caso, addirittura due.
Nella foto vi mostro i due formati di allume che mi è capitato di utilizzare finora. Nello stick – confezionato in questo caso da un’erboristeria su viale Monza (a Milano) – la pietra si presenta levigata e di forma cilindrica. Dentro alla pochette di tela, invece, potete vedere un pezzo di allume più o meno per come si trova in natura, di forma irregolare, anche se levigato.
Quest’ultimo formato è stato il primo che ho acquistato. Purtroppo però si è rotto cadendo e il pezzo rimasto era spigoloso: impossibile da sfregare, a meno che uno non abbia tendenze autolesioniste! Così sono tornata in erboristeria. L’allume al naturale non c’era più ed ho comprato lo stick.
Con lo stick mi trovo benissimo e credo sia un perfetto passaggio intermedio per chi non ha voglia di rinunciare alla comodità. Infatti si tratta di uno stick richiudibile e l’uso è praticamente identico a quello di qualsiasi deodorante in roll-on. L’unico consiglio che do è di sfregare l’allume – in qualsiasi formato – preferibilmente sulla pelle leggermente umida, per consentire alla pietra di scivolare meglio.
Per concludere, consiglio l’allume al naturale a chi ha voglia di risparmiare – dal momento che costa molto meno – a chi è più spartano e non ha paura di osare e, ultimo ma non meno importante, anche a chi vuole azzerare l’inquinamento che deriva dal packaging in plastica della confezione in roll-on. Per tutti gli altri: cominciate con il comodo roll-on.

Pasta e sinapa

Sinapa, nel dialetto siciliano, è il nome della senape. Forse non tutti sanno che, proprio in Sicilia, di questa pianta noi mangiamo non solo i semi, con cui si ottiene anche la salsa omonima, ma anche le foglie, che hanno un interessante sapore amarognolo. Il segreto di una buona riuscita di questa ricetta è lo zafferano: dev’essere di ottima qualità.
pasta e sinapa
Ingredienti
1 kilo di sinapa
1 manciata di uvette
1 manciata abbondante di pinoli
1 manciata abbondante di mandorle
1 busta di zafferano in stimmi di qualità
140 g di bucatini (noi abbiamo usato la pasta fresca, che è un’ottima alternativa)
2 spicchi d’aglio
1/2 tazzina da caffè di vino bianco
2 cucchiai di olio evo
sale marino integrale

Procedimento
Per pulire la sinapa tenete solo la parte di gambo ricoperta da foglie e buttate via le parti spoglie. Buttate via anche le eventuali foglie secche o ingiallite, userete solo quelle con un bel colore verde. Portate a bollore l’acqua e fate scottare la verdura per qualche minuto finché i gambi non risultano abbastanza teneri. In un padellino fate imbrunire i pinoli e metteteli da parte. Scolate la verdura con un mestolo traforato e lasciatela a sgocciolare: l’acqua di cottura va mantenuta. Nello stesso padellino che avete usato per i pinoli versate ora un paio di cucchiai di sale e procedete a tostare le mandorle. Giratele di tanto in tanto, saranno pronte quando avranno finito di scoppiettare. Tritate l’aglio finemente e in una padella capiente fatelo imbiondire con un cucchiaio d’olio e del peperoncino. Versate in padella la sinapa e le uvette e fate saltare. Riportate a bollore l’acqua di cottura della verdura, salate e calate la pasta. Separate le mandorle tostate dal sale con l’aiuto di un colino, tritatele grossolanamente e mettetele da parte. Quando la pasta è ancora al dente scolate e versatela nella padella col vino bianco, dentro cui avrete già sciolto lo zafferano. Amalgamate bene: volete che la pasta diventi di un bel colore giallo vivo, se necessario aggiungete qualche cucchiaio di acqua di cottura. A fuoco spento aggiungete i pinoli tostati  l’altro cucchiaio d’olio, metà delle mandorle e mescolate assieme tutti gli ingredienti. Se volete, impiattate creando dei nidi, aiutandovi con un mestolo ed una forchetta e decorate i nidi e la base del piatto con le mandorle rimaste.